Da un punto di vista clinico, uno degli indicatori di benessere più attendibili è la capacità di attingere all’esistenza in maniera creativa.
Anche nello svolgere i banali compiti della quotidianità, infatti, c’è un’enorme differenza tra comportarsi passivamente, secondo abitudini irrigidite e automatiche, o imprimere alle medesime azioni il marchio invisibile della propria soggettività.
Essere creativi non significa diventare dei poeti.
Significa, però, riuscire a scorgere un margine di poesia dove di solito si intravede solo grigia mediocrità. La scrittura è uno dei modi per addestrarsi a farlo, uno dei più potenti ed immediati. Essa non è collocata sullo stesso piano del pensiero; segue vie interdette alla riflessione; conduce a metafore e immagini altrimenti inaccessibili; sovverte convinzioni radicate.
I workshops che organizzo, intensivi in una singola giornata o su 3/5 incontri da un paio d’ore ciascuno, riguardano temi specifici: il sogno, la poesia, la rabbia, la speranza, il vino, la paura, o altri ancora. In queste esplorazioni, si creano connessioni con altri ambiti della propria esperienza, e sorgono ulteriori domande, in quel processo inestinguibile con cui si delinea la nostra consapevolezza. Utilizzo la scrittura anche all’interno dei percorsi di psicoterapia, con coloro che hanno famigliarità e interesse per il tema.